L’Investigatore privato può essere utilizzato per licenziare i dipendenti?

investigatoreL’investigatore privato può essere chiamato dalle persone più diverse. Ci sono delle aziende che lo contattano per assicurarsi che non stiano subendo frodi, mogli che vogliono sapere se il marito le tradisce, e anche datori di lavoro che sospettano che il loro dipendente si stia comportando in modo disonesto e vogliono averne le prove.
In quest’ultimo caso, abbastanza diffuso nella prassi, può l’investigatore privato licenziare direttamente il lavoratore che sia stato colto in illecito?
In particolare, in un caso pratico che aveva sollevato un certo dubbio, può il lavoratore sorpreso a sottrarre denaro dalla cassa essere licenziato sulla base delle dichiarazioni dell’investigatore, che è da considerarsi una parte ‘assunta’ e quindi forse non imparziale?

A chiarire la questione, una recente sentenza della Corte di Cassazione. Parliamo della Sentenza 14454/2017 della Suprema Corte che ha aperto al licenziamento legittimo laddove i dipendenti siano colti in flagranza di reato e non solamente con mezzi diretti, ma anche con mezzi indiretti. Uno di questi mezzi indiretti è proprio l’investigatore privato per mezzo della sua attività di controllo e di investigazione.

La Cassazione quindi ha tranquillamente confermato che per il datore di lavoro è legittimo non solo assoldare un investigatore per controllare se i dipendenti sono disonesti, ma anche a far valere come prova la dichiarazione dell’investigatore.
La Corte di Cassazione ha quindi ammesso che laddove l’agenzia di investigazioni stia appunto lavorando cercando di scoprire se vi siano illeciti commessi dai dipendenti, la testimonianza dell’investigatore è sufficiente per il licenziamento.

La privacy dei lavoratori

Ma perché la questione aveva fatto tanto discutere? Semplice: la legge non ammette controlli sui lavoratori, che non siano diretti, senza che i lavoratori ne siano a conoscenza.
Ad esempio, basti pensare che ai sensi della Legge 300/1970 non è possibile spiare i lavoratori e tenerli sotto controllo: le riprese video sono per esempio sempre vietate a meno che non siano necessarie all’azienda stessa, ma comunque il datore di lavoro per effettuarle deve avvertire i sindacati che devono dare il loro assenso.

Proprio sulla base delle norme della Legge 300/1970 si era sospettato che la possibilità per l’investigatore privato di controllare occultamente il lavoratore integrasse una lesione della sua privacy. Ma secondo la Suprema Corte, il datore di lavoro ha diritto ad essere tutelato nei confronti del lavoratore disonesto. Ecco quindi che è valida la testimonianza dell’investigatore che si sia finto cliente e che abbia così scoperto il dipendente mentre rubava l’incasso.

In questo caso quindi i giudici hanno evidentemente valutato un contemperamento degli interessi fra le parti, per cercare di gestire in modo corretto sia gli interessi del datore di lavoro che quelli del lavoratore alla sua privacy. In ogni caso l’illecito in questione, se testimoniato direttamente dell’investigatore che è stato assunto per il controllo dei dipendenti, permette di dare l’impulso per il valido licenziamento del dipendente disonesto ed a nulla vale eccepire che il controllo dell’investigatore sia avvenuto senza che lo si sapesse. Quindi il licenziamento in questione è valido e legittimo.