La violenza domestica: come si inserisce nel codice penale?

La violenza domestica, al giorno d’oggi, è una realtà sempre più diffusa. Consideriamo una situazione come quella che da poco abbiamo vissuto: intere famiglie costrette in casa per l’emergenza Covid-19, con il divieto di uscire se non in circostanze eccezionali.

In un simile contesto, i cosiddetti soggetti vulnerabili – le donne e i bambini – sono stati vittima, talvolta, della violenza domestica. Il lockdown ha accentuato l’insofferenza, l’irritazione, il nervosismo: ha portato alla luce i vari problemi familiari, con conseguenze molto difficili da tollerare in alcuni casi.

Prima di approfondire questo argomento però ci preme fare un doveroso ringraziamento all’avvocato Gianni Falconi per il prezioso aiuto fornito alla nostra redazione per la realizzazione di questo articolo.

Approfondiamo ora la tematica della violenza domestica. Cosa bisogna sapere sull’argomento?

Violenza domestica e Coronavirus

Come già accennato, la violenza tra le mura della propria abitazione ha raggiunto picchi elevati da un anno a questa parte. Il Coronavirus ha obbligato molte persone a una convivenza forzata: diverse relazioni, quindi, si sono logorate e danneggiate, e non di rado l’esito è stato proprio quello della violenza.

Un dato oggettivo: tra il mese di marzo e quello di aprile 2020, le richieste di supporto delle donne ai Centri Anti-Violenza sono aumentate quasi del 75%. Un’informazione che fa riflettere, e fa comprendere quanto la questione della violenza domestica sia grave nel nostro tempo.

La violenza domestica come reato penale

Il reato della violenza domestica si inserisce nel codice penale. Bisogna però fare una precisazione: non si parla in modo specifico di “violenza domestica”, bensì di “maltrattamenti contro familiari e conviventi” e di “lesioni personali”. Gli articoli, rispettivamente, sono il 572 e il 582.

Questi due crimini implicano più forme di violenza. Quella che colpisce il corpo, certo, ma anche quella che interessa la sfera psicologica ed emotiva. Sono inclusi l’isolamento dei bambini, la coercizione, la violenza sessuale.

Qual è la differenza fondamentale tra maltrattamenti e lesioni? I primi sono abituali, le seconde sono saltuarie. Entrambi, comunque, sono punibili dalla legge.

I maltrattamenti contro familiari e conviventi

Il delitto di maltrattamento contro familiari e conviventi prevede una reclusione che va da 3 a 7 anni: le azioni vessatorie possono essere rivolte tanto ai membri del nucleo familiare quanto ai conviventi stabili.

La pena si incrementa se la violenza è commessa:

  • contro un minore di 14 anni;
  • in presenza o contro una donna in gravidanza oppure una persona affetta da disabilità.

La reclusione va da 4 a 9 anni se il fatto porta al danneggiamento di un organo o ad una malattia che oltrepassa i 40 giorni; da 7 a 15 anni se si causa una lesione gravissima; da 12 a 24 anni se la vittima va incontro alla morte.

Cosa sono, esattamente, i maltrattamenti? Sono quei comportamenti che mirano a far soffrire un altro individuo, e a rendere insostenibile la sua esistenza. Una realtà che c’è sempre stata, ma che è diventata più diffusa per la pandemia.

Le lesioni personali

Anche le lesioni personali, chiaramente, costituiscono un reato. La reclusione oscilla tra i 6 mesi e i 3 anni, ma la durata può crescere in base all’entità della lesione stessa.

Questo crimine è punibile in ogni caso, anche se l’episodio è stato uno soltanto. L’importante è fornire prove adeguate: per esempio un certificato medico o una dichiarazione scritta del pronto soccorso.

Un dubbio frequente: anche un colpo inferto nel corso di un litigio può essere considerato lesione personale? Assolutamente sì. Certi eventi non vanno mai presi alla leggera, anche di fronte alla promessa che non accadrà più.

Un aggravante è la presenza di un minore di 18 anni quando si commette la violenza. Lo scopo di questa decisione è scongiurare la cosiddetta violenza assistita.

La denuncia

A volte, la vittima della violenza domestica sceglie di non sporgere denuncia (per paura o per altri motivi).

Per limitare queste situazioni, è stato stabilito che le forze dell’ordine hanno l’obbligo di informare riguardo la possibilità di chiedere aiuto presso case famiglia o centri antiviolenza. Inoltre, una struttura sanitaria denuncerà automaticamente se un paziente oggetto di violenza ha una lesione dolosa che implica più di 20 giorni di prognosi.