Risarcimento del danno da incidente stradale; un massimale per ognuno

Risarcimento del danno da incidente stradale

Una sentenza della Cassazione sul risarcimento del danno da incidente stradale

IL PRINCIPIO

“Quando gli stretti congiunti agiscono iure proprio per il risarcimento del danno derivato a loro stessi dalla morte (o dalle gravi menomazioni) della vittima primaria in ragione dello stretto rapporto parentale che alla stessa li legava, essi prospettano allora la lesione di un diritto proprio (al rapporto parentale), derivato dallo stesso fatto che ha provocato la morte dello stretto congiunto e ad esso causalmente collegato, ex art. 1223, in applicazione del principio di regolarità causale. In questo caso il limite del risarcimento non è, cumulativamente per tutti, quello previsto per una sola persona danneggiata; ma è, distintamente per ognuno di loro, quello previsto per ciascuna persona danneggiata”.

Risarcimenti più onerosi per le assicurazioni in favore dei parenti delle vittime della strada. Infatti, il massimale previsto cumulativamente per tutti i parenti della vittima non vale più. Ognuno potrà chiedere in proprio il risarcimento del danno.

A pochissimi giorni dalla pronuncia delle Sezioni unite che ha favorito le azioni degli assicurati contro i cartelli, dunque, la Corte di cassazione, con la sentenza 2653 del 9 febbraio 2005, ha rideterminato i parametri per il calcolo dei massimali per il risarcimento del danno, dilatandoli.

Questo principio è corollario di un altro, ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità: “la qualifica anche degli stretti congiunti della persona deceduta (o gravemente menomata a seguito dell’incidente) come possibili persone danneggiate è insita nel fatto stesso che, com’è assolutamente pacifico, anche a loro può essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivato dall’evento mortale”.

Ed è proprio questo il nodo della questione. I parenti sono risarciti in virtù di un danno che essi stessi hanno subito, e per il quale hanno agito facendo valere il loro singolo diritto al risarcimento. Per questo non dovranno spartirsi un massimale unico che dovrà, invece, essere parametrato al numero dei danneggiati.

In proposito i giudici della terza sezione hanno evidenziato l’errore in cui era incorsa la Corte d’Appello, che aveva contenuto l’ammontare del risarcimento entro il limite del massimale unico previsto per un solo danneggiato (la vittima). Infatti, hanno chiarito, l’equivoco della Corte territoriale “è reso evidente dal riferimento agli eredi o aventi causa della persona deceduta, i quali possono appunto vantare iure successionis il diritto al risarcimento subito dal loro dante causa nel caso di morte istantanea. In tal caso il limite del massimale da considerare è effettivamente quello contrattualmente previsto per ogni persona danneggiata”.

È il caso di due figli e un padre coinvolti in un incidente stradale in cui aveva trovato la morte la loro (rispettivamente) madre e moglie.
Mentre il tribunale aveva accordato loro un risarcimento del danno morale superiore a 100 milioni e cioè superiore al massimale per ogni persona danneggiata, la Corte d’Appello aveva ridotto tale somma poiché, a suo dire, i parenti, cui spettava il danno non patrimoniale, non erano persone danneggiate, con la conseguenza che il massimale di 100 milioni (per ogni persona danneggiata) doveva riferirsi esclusivamente alla madre, morta nell’incidente.

E cioè i danni morali del padre e dei figli non potevano superare, tutti insieme, i 100 milioni. La Cassazione ha ritenuto “apodittiche” queste affermazioni censurando, per questo profilo, la sentenza di secondo grado e accogliendo il motivo del ricorso secondo cui a ciascuno dei danneggiati spetta un risarcimento del danno commisurato al massimale, in questo caso di 100 milioni, con il limite complessivo di 300 milioni per sinistro.