Si viaggia ma dobbiamo continuare a contenere la diffusione del Covid

Viaggiare o non viaggiare, questo è il dilemma. Proviamo a fare un po’ di chiarezza su cosa è cambiato negli ultimi mesi per quanto riguarda il turismo, per gli spostamenti e per i viaggi in altri Paesi. Nonostante comunque ci siano state diverse aperture dei confini è bene sottolineare come in Italia persistano alcuni divieti che impediscono l’ingresso da destinazioni come Colombia, Cile, Macedonia del Nord, Armenia, Brasile, Bosnia, Bahrein, Bangladesh, Perù, Repubblica Dominicana, Panama, Oman, Moldova e Kuwait. In pratica, è difficile viaggiare da e per questi paesi.

Come sono regolati gli spostamenti tra familiari nei paesi ad alto contagio

Ci sono comunque delle eccezioni previste per i cittadini europei e i loro familiari, a patto di soddisfare il requisito della residenza anagrafica in Italia dallo scorso mese di luglio oppure di aver già ottenuto un visto di ingresso. Tuttavia, se per i componenti di un nucleo familiare, quindi coniuge, figlio, genitore la possibilità di ottenere il visto di ingresso è relativamente semplice resta, invece, molto problematica per quelle persone che hanno instaurato una relazione di coppia che non è ancora riconosciuta con un matrimonio. Quindi, la domanda è, come possono vedersi i partner delle coppie internazionali non sposate? Il Governo Italiano ha recentemente raccolto le istanze di riconoscimento di questa vera e propria lesione dei diritti umani con l’emanazione del DPCM di Settembre.

Pare che, finalmente, anche grazie alle pressioni del movimento Love Is Not Tourism, ci sia stato un cambiamento per quanto riguarda le coppie internazionali separate che non si sono più potute ricongiungere per via del lockdown. I partner che non vivono nel medesimo Paese, quindi, potranno rivedersi, ma serve soddisfare il requisito della stabile relazione affettiva.

Quindi, l’introduzione della possibilità di ricongiungimento per le coppie internazionali, anche se non sono conviventi, soddisfacendo il requisito di cui sopra, è una delle più interessanti novità legate al nuovo Dpcm del 7 settembre, che è stato prorogato fino al 15 ottobre. Servirà a risolvere, nel corso dei prossimi mesi, un bel po’ di criticità che ancora permangono in questa materia, visto che l’Italia non ha ancora aperto al diritto al ricongiungimento per i cittadini che fanno parte dei paesi ad alto contagio inseriti nell’Elenco F.

Viaggiare in Europa: ecco qual è la situazione

Nel momento in cui il Vecchio Continente si appresta ad affrontare quella che sarà la seconda ondata del Coronavirus, ecco che al contempo arriva una notizia positiva. Ovvero l’Unione Europea ha deciso di dare l’ok per viaggiare, per evitare che Schengen faccia la stessa fine della scorsa primavera. Un danno troppo grande che andrebbe a colpire sia i cittadini che la stessa economia, già duramente messa in ginocchio dalla prima ondata e dalle relative misure restrittive necessariamente intraprese, lockdown compreso.

Per questo motivo, l’Unione Europa ha preso la decisione di introdurre un codice comune per la classificazione con colori identici in ogni Paese della diffusione della pandemia. Quindi, l’obiettivo verso cui si sta andando è quello di evitare la chiusura dei confini, quanto piuttosto inserire l’obbligo di effettuare tamponi all’ingresso da chi proviene da delle zone rosse.

Una sorta di “semaforo”, insomma. L’intento è quello di rendere omogenei i colori (che saranno verde, arancione, rosso e grigio in relazione alla gravità della situazione) che i vari Governi impiegano per la classificazione dello scenario pandemico nelle varie regioni all’interno dei rispettivi Paesi. Una maggiore armonizzazione e dei criteri comuni, in modo tale da stabilire dei livelli di contagio uguali in tutte le zone. In questo modo, i governi potranno decidere con maggiore facilità di introdurre eventualmente delle limitazioni ai viaggi, ma al contempo ci sarà anche maggiore chiarezza in riferimento alla mappa dei contagi per tutti i cittadini.

Non è finita qui, dal momento che la riunione dei ministri per gli Affari europei hanno adottato una serie di raccomandazioni importanti. Prima di tutto, che chi viaggerà partendo da zone definite verdi secondi i nuovi standard armonizzati, non dovrà essere oggetto di alcuna limitazione in merito a viaggi e spostamenti. Tutti coloro che, al contrario, partiranno da zone definite arancioni oppure rosse, dovranno affrontare i tamponi obbligatori o, nel caso in cui dovesse mancare il test valido, dovranno rispettare un periodo di quarantena obbligatoriamente.

L’invio che arriva da Bruxelles nei confronti dei governi è quello di provvedere alla comunicazione tempestiva ai partner e ai cittadini ciascuna decisione restrittiva quantomeno un giorno prima rispetto alla data in cui entrerà in vigore, in maniera tale da garantire maggiore trasparenza e certezza sia rispetto agli spostamenti che per quanto riguarda l’economia.

I colori che verranno applicati dalla Ue

Sono quattro, come detto in precedenza, ovvero verde, arancione, rosso e grigio e dipenderanno direttamente da un elenco di parametri che sono legati a loro volta alla percentuale di notifica. Di cosa si tratta? Del livello di incidenza sotto il profilo cumulativo dei casi di positività al Coronavirus su 100mila cittadini in ambito regionale nelle due settimane precedenti. Andrà a incidere su tale dato anche la percentuale di test che sono risultati positivi e il quantitativo di esami su 100mila abitanti svolti nel corso degli ultimi sette giorni.

Il colore del semaforo sarà verde con una percentuale di notifica al di sotto del 25% e la percentuale dei test positivi è più bassa del 4%. Il colore arancione si avrà con una percentuale di notifica più bassa del 50%, con la percentuale di test positivi inferiore rispetto al 4% oppure se la percentuale di notifica va dal 25% al 50% e la percentuale di test positivi supera il 4%. Il colore rosso sarà legato a una percentuale di notifica supera il 50% e il test dei positivi va oltre il 4%. Il colore grigio corrisponderà alla situazione in cui mancano sufficienti dati per una valutazione corretta o se la percentuale dei positivi è pari o inferiore a 300 per 100 mila abitanti.

Il problema della quarantena

Uno dei nodi che non sono stati risolti ancora a livello europeo riguarda proprio la quarantena. Tra 10 e 14 giorni in Italia, solo 7 giorni in Francia, mentre in Germania si deve attendere solo fino all’esito dei tamponi: insomma, questo aspetto è lacunoso in termini di uniformità di regole. Ed è abbastanza facile capire anche il motivo per cui c’è questa confusione. Infatti, quando si parla di salute e confini, gli Stati ci pensano sempre almeno due volte prima di rinunciare a parte della loro sovranità su tali materie.